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Corriere del Veneto – Paolini: «Il mio Galileo maestro di ironia»

Il nuovo spettacolo «Itis Galileo»: «Simbolo di un pensiero che fa resistenza all’omologazione»

«Come mai quattrocento anni dopo Galileo continuiamo tutti i giorni a scrutar le stelle come fossero fisse per fare l’oroscopo; che cielo usiamo, quello di Copernico o quello di Tolomeo?» È questa una delle tante domande da cui è partito Marco Paolini per costruire il suo ultimo spettacolo, Itis Galileo, firmato insieme a Francesco Niccolini con la consulenza storica di Giovanni De Martis e la consulenza scientifica di Stefano Gattei, un lavoro di approfondimento dedicato alla figura di Galileo Galilei, padre della scienza moderna. Dopo un periodo passato in giro per l’Italia a testare e costruire col pubblico il suo testo in una sorta di laboratorio, Paolini debutta ora con la versione definitiva venerdì 7 gennaio alle 21 al Teatro di Villa dei Leoni a Mira (Venezia).

Dopo tanti spettacoli sul presente, come mai parte dal passato per arrivare alla contemporaneità? «Direi piuttosto che parto dal pensiero. Galileo - nella nostra testa quando siamo partiti - era il simbolo di un pensiero che fa "resistenza" all’omologazione. È sempre facile irridere le teorie del passato. È più difficile metterle in discussione mentre ci si vive dentro. Ecco, Galileo è stato un maestro di ironia e in questo senso cerchiamo le sue tracce nel contemporaneo ».

Che relazione c’è tra l’oscurantismo dei tempi di Galileo e quello dei nostri giorni? «Mi sembra che l’oscurantismo oggi derivi dall’eccesso di informazioni, tutte autolegittimate al rango di verità. La televisione (in particolare) e altri media propongono soluzioni meno stimolanti e più rilassanti per il cervello. La critica dove è finita? Come si combatte l’omologazione? Ai tempi di Galileo la scuola era onnipotente, era il luogo dell’ortodossia delle certezze. Oggi la verità sembra tutta tra la famiglia e la TV».

Come nasce il titolo «Itis Galileo »? «Galileo si studia a scuola, è un pezzo di storia e quasi un mito. È il nome tipicamente ispiratore di un istituto tecnico, perché quel vecchio con la barba che ci mostra l’iconografia tradizionale è uno dei padri della modernità scientifica. Anche per questo quel "Itis" segnala una chiave particolare che abbiamo scelto per approcciare il personaggio protagonista ».

Nello spettacolo emergono anche la vita privata, le relazioni familiari di Galileo? «Non parliamo molto della sua vita privata, per ragioni di tempo, anche se la traccia è biografica».

In che rapporto si pone il suo testo rispetto al Galileo di Brecht? «Il mio non è un teatro didattico, semmai questo spettacolo prende spunto dalla didattica (scolastica) per affrontare un secolo strano qual è il Seicento. È un secolo che non ha l’eroismo del Settecento né l’aura mitica del Medioevo, eppure ci sono stati personaggi che hanno messo le fondamenta per la modernità: da Copernico e Keplero a Cartesio e Giordano Bruno, fino a Shakespeare».

Qual è la sua opinione sull’abiura di Galileo? «E’ stata una scelta prudente. Galileo ha vissuto la difficoltà di essere geniale in circostanze difficili. La sua abiura è formale ed esplicitamente superficiale, in qualche modo credo sia comunque una forma di "resistenza" del pensiero. Perché Galileo non smette di pensare dopo l’abiura, anche da vecchio continua a studiare, a cercare di capire. Anzi, le scoperte di maggior peso le realizza dopo i 60 anni».

E sulla posizione presa dalla Chiesa? «Ancora più prudente di quella di quella di Galileo. Il "pensiero unico" è sempre andato di moda. Se poi era un pensiero che poteva contare sul braccio armato dell’inquisizione…»

Crede che la superstizione sia oggi preponderante su fede e ragione? «Mi viene da dire che forse la ragione ha perso appeal. 400 anni dopo la rivoluzione copernicana, tutti i giornali e le TV diffondono l’oroscopo che è costruito sulle stelle fisse dell’universo tolemaico. Tutti sappiamo che è una forma di superstizione, ma alla fine non è importante. Ci piace pensare che possa essere così, che gli astri possano influenzare la nostra vita. Galileo è interessante soprattutto tra ragione e superstizione. È più facile giocare al lotto».

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