Marco Paolini è autore e protagonista, stasera e domani all’Auditorium Parco della musica (Sala Sinopoli ore 21) per il Festival Romaeuropa di questa sua nuova incursione teatrale, realizzata in collaborazione con il compositore Mauro Montalbetti, che offre una riflessione profonda e inquietante, sulla realtà mediatico-tecnologica in cui siamo tutti, chi più chi meno, immersi fino al collo. Con lui in palcoscenico, il violoncellista Mario Brunello e il rapper Frankie Hi-Nrg.
“La storia in breve è questa – racconta Paolini – Il povero cristo, disperato perché non riesce più a essere connesso, chiama l’assistenza, gli operatori, insomma chiunque possa dargli una mano. Ma mentre fa questo, mentre si agita, pian piano la situazione si complica, le cose funzionano sempre peggio, nessuno è in grado di dargli una soluzione. A un certo punto, il poveretto viene chiamato da qualcuno che non ha nulla a che vedere con quelli con cui ha parlato fino a quel momento: è la “macchina” stessa a chiamarlo, a dialogare con lui e a comunicargli che è l’ultimo cliente della rete”.
Un’intelligenza artificiale, dunque? “Certo e naturalmente nessuno di noi, ormai si stupisce dell’esistenza di una macchina che parla con noi…ce ne sono da tempo. Ma il povero cristo si accorge che, fuori dalla finestra, sta succedendo qualcosa: la gente saccheggia i supermercati, e poi va via la luce…Lui si rende conto, per esempio, che non potrà più ordinare la spesa online, se vuole mangiare dovrà uscire di casa e andare anche lui a fare razzia nel supermercato”. E nel frattempo prosegue il rapporto tra lui e l’intelligenza artificiale, che in scena è interpretata dalla voce del rapper: “Sono come due naufraghi su un vascello che si disperde e si perde. Ma il rapporto tra i due potrà continuare solo fino a quando ci sarà batteria: quando questa morirà, finirà anche il loro dialogo, cioè l’intesa tra un uomo e una cosa”.
Sta finendo un’era? “L’uomo si rende conto che sta iniziando un’era biologica senza internet, ma tornare a come era prima non gli piace”. È l’apocalisse, ma a me non piace fare la parte del catatrofista, semmai vedo la faccenda allegramente. Ci sono ben altre catastrofi in corso, per esempio quella climatica…”.
A questo punto viene spontaneo chiedere a Paolini: qual è il suo rapporto con la rete? “Lo definirei medio: la uso come tutti, ma non mi interessa nella parte social, bensì solo quella dell’informazione. Non demonizzo la rete, però tanto meno chi la usa in maniera frenetica, non voglio fare la parte del babbione che stigmatizza l’avanzamento della scienza, della tecnologia…non sono di quelli nostalgici, che si stava meglio prima di adesso. Un dato è certo, però, sono coloro che hanno inventato la rete a metterla in discussione, ad affermare che non funziona più”.
Utilizzare il mezzo del teatro per trasmettere al pubblico la crisi tecnologica ha un senso: “Immagino il teatro stesso come una rete. Funziona? Non funziona? Di sicuro è un luogo di pensiero condiviso”.
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