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Eco di Bergamo – Paolini, storie e canzoni per ripensare il mondo

Paolini, storie e canzoni per ripensare il mondo

Divertente. L'attore con «Sani!» conquista il Creberg: un racconto di tante crisi, non solo ecologiche

 

di Andrea Frambrosi

 

Creberg Teatro in delirio per Marco Paolini e il suo «Sani! Teatro fra parentesi». Che pure è spettacolo non facilissimo da decifrare ma, forse proprio per questo, ancora più sorprendente per il suo felicissimo esito.

«Il peso del mondo» si intitola una raccolta dello scrittore austriaco Peter Handke, ecco: quanto pesa il mondo? Sui piatti di un'ideale bilancia Paolini mette il peso del benessere (l'Artificiale) e la biomassa (il Naturale). Si, perché il nostro benessere «pesa» sul mondo, ha un impatto del quale ci accorgiamo solo a crisi conclamata.

Ma non è, quella di Paolini, la classica invettiva ecologista, il «grido di dolore» del pianeta depredato dall'uomo. Prima di tutto perché, a dispetto dei temi trattati nei vari «pezzi», il lavoro di Paolini, accompagnato dalla chitarra di Lorenzo Monguzzi e dalla voce di Saba Anglana, è molto divertente: il teatro, come recita il sottotitolo, è messo tra parentesi, in favore di uno spettacolo in forma di ballata dove spesso la parola si mescola con la musica, il recitato scivola nel canto, voci e suoni si amalgamano in un continuum sincopato nel quale, appunto, voci e suoni si alimentano a vicenda.

E poi perché «Sani!» non è e non vuole essere uno spettacolo-denuncia ma un percorso attraverso una serie di «crisi» che, sul filo autografico Paolini racconta e condivide con il pubblico senza la minima intenzione predicatoria, anzi, ri fuggendo proprio quella forma di liturgia spesso distillata dal cosiddetto «teatro civile».

E poi non si parla solo di transizione ecologica, termine diventato ormai di uso comune (al quale, detto per inciso, preferiremmo quello di «conversione ecologica» coniato qualche decennio fa dall'indimenticato Alexander Langer), ma anche di altre crisi che, raccontate da Paolini, diventano altrettanti tasselli di una sorta di fenomenologia della cultura che nelle parole di Paolini ci diverte facendoci riflettere (pensiamo al pezzo sulle cattedrali).

«La scienza facilita lo stare al mondo, ma annienta il pensare il mondo, la comprensione del senso della vita umana come abitare del mondo», scrive Renato Cristin commentando «Natura e spirito di Edmund Husserl, padre della fenomenologia, come ci ricorda Riccardo De Benedetti su «Avvenire». Ecco, quello che Paolini riesce, da vero maestro, proprio a insegnarci a leggere il mondo», a ripensare il mondo perché, e non è una frase fatta, niente può più essere come prima, non solo per il ciclone Covid che non di certo ci ha resi migliori, ma perché la complessità richiede un cambio di passo che significa, e lo sottolinea spesso lo spettacolo, ragionare sui tempi lunghi e non secondo il tornaconto immediato: non vedremo la fine della costruzione della cattedrale, ma abbiamo posto le basi perché qualcuno, dopo di noi, la porti avanti.

Le nostre sono vite in bilico come quell'enorme castello di carte che costituisce la scabra ma efficace scenografia (elementi scenici realizzati da Pino Perri, Print Materia, Teodomiro Dal Negro): sta a noi mantenerle in equilibrio: restando sani!

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