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«Effetto domino» a Nordest Dall’illusione alla tragedia

Il film di Rossetto tratto dal romanzo di Bugaro. Le fragilità del capitalismo

L'urlo disperato di Franco Rampazzo non si perde nel bosco. Esce dallo schermo e prende per le spalle lo spettatore. Il suo «Lavorareeeeeee» è l'urlo di un territorio che in pochi anni ha visto polverizzato il senso di benessere economico guadagnato negli anni d'oro. Ieri alla Mostra del Cinema per il Veneto è stata la giornata di Effetto domino, il film del regista padovano Alessandro Rossetto che racconta il tentativo di un piccolo imprenditore edile, l'ex muratore Franco Rampazzo (interpretato da Diego Ribon) e del suo sodale di sempre Gianni Colombo (al quale dà corpo Mirko Artuso), di vedere al di là di un gruppo di alberghi delle zone termali del Padovano da demolire e provare a fare una speculazione edilizia costruendo una cittadella del lusso per anziani ricchi di tutto il mondo. Qualcosa va storto, perché il progetto passa sopra la testa di Rampazzo e la caduta dell'ex muratore si riflette rovinosamente su tutta quella filiera di piccoli imprenditori e artigiani che sono il corpo e l'anima del capitalismo del Nordest.

Il film, che esce oggi nelle sale (il regista e il cast saranno stasera al cinema Multiastra di Padova alle ore 21 e alle 21.15), scritto da Rossetto e Caterina Serra ispirandosi al romanzo omonimo di Romolo Bugaro (tornato in libreria per i Tascabili Ue Marsilio), è interpretato da un cast corale: oltre ad Artuso e Ribon ci sono, tra gli altri, Marco Paolini, Maria Roveran (che ha anche collaborato alla colonna sonora componendo e interpre-tando in lingua cinese Anime liquide), Roberta Da Soller, Lucia Mascino e Nicoletta Maragno.

Una storia veneta che però diventa una tragedia universale. «La veneticità — ha spiegato Francesco Bonsembiante, produttore del film con la Jolefilm — qui è stata più potente perché le imprese sono totalmente familiari e le relazioni sono importantissime sia nella famiglia che tra i lavoratori. L'humus che c'è qua fa diventare globale la storia». L'intreccio diventa tragedia perché l'eroe, interpretato da Ribon, perde tutto. A cominciare dall'amicizia: «A volte il Nordest diventa un po' un cliché, qui poi recitiamo in dialetto, nella lingua dell'origine. Ma il linguaggio diventa uni-versale, proprio perché c'è la tragedia, l'imprenditore che si suicida, il tradimento di un'amicizia per i soldi», spiega Ribon. «ll tradimento viene vissuto lentamente, in progressione, questo spiega l'imbarazzo del personaggio: la sua delusione è dover tradire. Ma nell'economia e nella finanza è così: oggi sei socio per un grande affare, domani sei nemico», chiosa Artuso. Gli attori si sono fatti guidare da sceneggiatura e regista per una recitazione giocata in sottrazione: «Sono un autore orgoglioso — ha detto Paolini — ma se lavoro con altri autori lo faccio per feeling e se in una battuta c'è scritto di pensare al corpo di chi lavora, io posso pensare alle mani di mio nonno, ma solo io so dove le teneva, il resto sarebbe uno psicologismo».
Nel cast corale le voci femminili han-no un timbro deciso. «Inizio come una donna spietata del settore finanziario — spiega Mascino — nella seconda sono già in crisi e nella terza mi hanno fatto fuori. Prima sono più tagliente, poi più istintiva». «E stato come tornare in famiglia — conclude Roveran —questa volta con una squadra più grande, ma con un rapporto consolidato».

 

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