MIRA. Il suo registro, ormai, è un marchio di fabbrica inconfondibile. Non c’è niente da fare, Marco Paolini non perde un colpo. Il pubblico di Mira, venerdì sera, ha salutato con un lungo applauso il debutto della sua ultima fatica teatrale, “Itis Galileo”. Un pubblico affezionato che ha visto nascere e crescere l’attore bellunese che, non è un segreto, con il teatro di “Villa dei Leoni” ha sempre avuto un feeling particolare. “Itis Galileo” è uno spettacolo che mostra un Paolini un po’ diverso dal solito. La matrice è sempre la stessa: raccontare la storia tra sorrisi scanzonati e riflessioni profonde a cavallo, spesso, tra poesia e filosofia. Ma l’oggetto è diverso, e si sente. Il Veneto, prima di tutto, non è più protagonista assoluto. Il Nordest diventa uno sfondo, una spalla di lusso, per rivivere i fasti del ’600 di Galileo, Keplero e Campanella. Venezia e Padova sono il trampolino di Galileo, la cornice in cui crea i suoi affetti. E non solo. Grazie al meccanico padovano Marcantonio Mazzoleni, realizza il famoso cannocchiale che piano piano lo porterà a superare la fama del suo contemporaneo più celebre: William Shakespeare. Il Galileo di Paolini è un eroe moderno. Un eroe senza mito. Un genio senza laurea, un uomo che ha paura e non se la sente di morire per le sue idee. Lui non è e non sarà mai un Giordano Bruno. Ma è un simbolo in lotta per la “legittimità di sbagliare”. “Itis Galileo”, come tutti i lavori di Paolini, è uno spettacolo che fa riflettere. Si ride un po’ meno, forse, rispetto ai diari di “Aprile ’74 e 5” o altri lavori più incentrati sulla storia del Nordest come il “Bestiario veneto”, ma si pensa un po’ di più. Affabulatore più che mai, l’attore veneto crea un “gruppo di studio” sul ’600 che affascina, rapisce, incanta in una discussione a tre fra fede, ragione e superstizione. “Itis Galileo” dopo il debutto di Mira, passerà per Camponogara per poi volare a Catania in un tour che vedrà Paolini impegnato in tutta Italia.
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