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Il Manifesto (Visioni) – Un treno illegale in marcia

TEATRO A Pistoia, le «Stazioni di transito» raccontate da Marco Paolini. Evocazioni ferroviarie che giocano con la locomotiva, macchina magica che trasforma ogni più piccolo spostamento in viaggio

GIANFRANCO CAPITTA da PISTOIA

Marco Paolini si dedica questa estate solo ad apparizioni straordinarie, in contesti particolari e anche con particolarissime formazioni. Solo pochi giorni fa era a Carsulae, sopra Terni, nel magico spazio archeologico romano, a evocare Ulisse assieme a Giorgio Gaslini e Uri Caine. Questa settimana è invece a Pistoia, dove ancora stasera sfoglia dai suoi famosi «album di storie» (vera autobiografia collettiva di una generazione) Stazioni di transito, con le musiche originali dal vivo di Francesco Sansalone. Nei giorni scorsi invece aveva narrato quello che lui stesso definisce un «racconto concerto», titolo Binario illegale, suoi partner in scena il violoncello di Mario Brunello e la voce e la chitarra di Giammaria Testa. E già il titolo, ispirato al fatto che i treni marciano sempre sul binario di destra e non possono calcare quello di sinistra, gli ha attirato le ire e le interrogazioni in consiglio comunale di qualche improvvido amministratore di destra, che temeva un significato politico, invece della motivazione storica che la ferrovia è nata in Gran Bretagna. Paolini lo spiega col suo candore in scena, nelle pause e nelle volute di una rappresentazione che è davvero a tre voci, ma che ha i ritmi larghi e distesi di una session dove la musica sfuma nella parola, e una canzone allarga il respiro di un racconto, o viceversa. Tutto con l'andamento di qualcosa che sembra essere improvvisato al momento, ma che naturalmente nasce da una preparazione meticolosa.

Paolini, figlio di ferroviere, non ha mai nascosto il proprio amore per i treni, come mezzo di trasporto ma soprattutto come icona di civiltà. Di citazioni ed evocazioni ferroviarie sono pieni i suoi Album, ma vi fanno spesso riferimento le sue battute o le citazioni improvvise. L'idea di queste serate, realizzate assieme e con l'organizzazione del Teatro di Pistoia, è nata proprio dalla storica presenza nella città toscana della Breda ferroviaria. Così che il luogo dello spettacolo è già la prima e potente fascinazione per gli spettatori. Proprio a fianco alla stazione, c'è infatti lo spazio locomotive, un luogo magico di manutenzione ma anche quasi di culto, per tutti coloro che hanno amato giocare con i «trenini elettrici», come si diceva una volta. Nel luogo di convergenza di diversi binari, sta la grande piattaforma girevole per la manutenzione dei convogli. E su quel ponte, per l'occasione miracolosamente tornato a lucido, parlano, cantano e suonano Paolini, Brunello e Testa, lo chansonnier che notoriamente, di primo mestiere, fa il capostazione. Intorno, da quei binari convergenti, quasi guardano il pubblico locomotive e locomotori di generazioni successive, alcuni appena velati dalla nostalgia dei pochi decenni di distanza da quando li abbiamo usati, altri con la patina nobile della storia che li ha arrugginiti solo all'esterno, nella terra dei granduchi che investirono subito su quel nuovo mezzo di trasporto. Paolini mostra di avere con loro conoscenza e confidenza inusuali, quasi chiama per nome quelle macchine animate, che siano eleganti signore sbuffanti, o ululanti littorine a nafta, o abbiano l'elettrica scorrevolezza dei trenini per pendolari. È un universo pulsante e parlante, dal respiro davvero musicale.

I tre raccontano o commentano, ognuno col suo linguaggio, aneddoti e paradossi, peripezie e piccoli miracoli. Paolini fa tesoro dell'esperienza vissuta l'anno scorso sulle più impervie rotaie italiane assieme a Paolo Rumiz: un viaggio i cui appunti gli sono stati poi rubati a Ventimiglia, naturalmente alla stazione. Ma come quel viaggio era un modo di leggere e raccontare l'Italia dalla prospettiva mobile e lineare della ferrovia, così adesso questo concerto polifonico diventa in più mani un modo diverso di raccontarla, questa stessa Italia. Brunello con le tonalità tutte particolari del violoncello, che dà la profondità di Bach anche alle notazioni più biricchine. Costa, scoprendo notevole abilità drammaturgica al di là delle canzoni scontrose che l'hanno reso famoso, con il suo mood e la saggezza dei treni che giocano a rimpiattino con le Alpi. Paolini con l'abilità di attore che lui tende a dissimulare nei suoi grandi oratori civili, ma che lo serve egregiamente in queste storiette, universali come un viaggio in treno, eppure ognuna così particolare nel suo racconto. Prima ancora del gran finale con la Locomotiva di Guccini, e nonostante il panorama sgangherato e poco allettante delle ferrovie di oggi, il pubblico si lascia conquistare dal fascino del treno, la macchina magica che trasformava ogni più piccola partenza in «viaggio».

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