Il Messaggero – I nuovi “miserabili” ci assomigliano tanto

Lo spettacolo-open work di Marco Paolini all’Argentina di Roma va visto e meditato. Il titolo, “Miserabili, io e Margaret Thatcher”, è di quelli che danno subito un'idea della "cosa". L'artista parte da Victor Hugo, dalla sua gente disperata e offesa che manca dell'unico motore capace di spingere avanti un'esistenza: la speranza. Poi, voltata pagina sull'indigenza fisica e psichica del popolo al quale Jean Valjean guarda, all'antica latina, con pietà, passa motivatamente all'operaio Nicola, un povero cristo ancora capace di pensare, fare, confronti, giudicare. E c'è, alle spalle di tutto e tutti, il Potere, quello troppo conscio di sé stesso, arrogante, schiacciasassi. Un racconto in parole e ballate che cita, in piena consapevolezza, il Teatro Canzone alla Gabermaniera, con l’apporto non trascurabile dei Mercanti di Liquore, Lorenzo Monguzzi, Piero Mucilli, Simone Spreafico.
Paolini affabula? Certo. Racconta di ieri e di domani, ma in particolare di oggi: la dittatura del bancomat e delle carte di credito, il carrello del supermercato, la penuria interiore e pubblica, più o meno confessabile, di persone qualsiasi che potremmo essere noi, persi e dispersi negli universi del "chi più ha, più avrà; chi meno possiede, meno riceverà". Sono monologhi, quadri di un sociale svaporato e dolorosamente autentico che fotografa la bella Italia partendo dagli anni della Milano da bere e delle facili tangenti, fino ai nostri gironi.
Il palcoscenico dà modo e materia per riconoscere l'ambito in cui ci siamo mossi e ci stiamo muovendo da una ventina d'anni a questa parte. Ci rappresenta mentre trasformiamo una confusa congerie di situazioni e sentimenti, fatti e misfatti, in monito accettabile, positivo, in determinazione e dinamismo.
I Mercanti di Liquore eseguono dal vivo le musiche che hanno composto per l'evento. Al testo, con Paolini, hanno lavorato Andrea Bajani, Lorenzo Monguzzi e Michela Signori. Esiste già il compact con le canzoni dello spettacolo.