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Il Nuovo Giornale – Galileo e l’elogio del dubbio

Galileo? Una “mina vagante”. È chiara fin nella scenografia che su uno scarno palcoscenico lascia oscillare a mo’ di pendolo una gigantesca mina apribile, con all’interno la riproduzione del sistema copernicano dell’universo - la tesi che sottende all’ultima fatica teatrale di Marco Paolini, “Itis Galileo”, scritto con Francesco Niccolini.

Un teatro Municipale gremito (compresi tanti giovani) ha seguito d’un fiato le due ore ininterrotte di spettacolo che hanno ripercorso la vicenda dello scienziato toscano. Un uomo capace di scardinare ataviche certezze con la forza dell’osservazione. Ma - come tutti i comuni mortali - non immune da meschinità, tra cui la boria di chi “sa di sapere” e il calcolo dell’accademico che non sposa la popolana cui è legato perché non gioverebbe alla carriera.

Paolini passa in continuazione del registro serio a quello ironico, dal passato al presente. Coinvolge il pubblico nella “rivoluzione” di cui Galileo - “mina vagante”, elemento di disturbo fin da quand’era studente di Matematica a Pisa - si fece interprete, ma che in verità investì su più fronti tutto il secolo in cui visse. Pecca talvolta di imprecisione (vedi il cliché dell’Europa buia del Medioevo salvata dagli arabi, che dimentica il ruolo del monachesimo nella conservazione di tanti classici). Ma gli va riconosciuta - oltre ad una straordinaria capacità di stare sulla scena, a dispetto di qualche papera che non toglie spessore all’interpretazione - l’onestà intellettuale di chi non liquida il “caso Galileo” con il nostro metro di giudizio. Paolini cerca di contestualizzare la condanna da parte del Sant’Uffizio, di rendere la complessità del Seicento, le forzature legate alla reazione alla Riforma e il peso che ebbero le invidie dei colleghi accademici.

“Quel che dobbiamo a Galileo - conclude Paolini, seduto sulla mina che si trasforma nel metaforico esilio cui lo scienziato è costretto a 70 anni dopo l’abiura - è il principio che distingue la ricerca della verità, dalla custodia gelosa della verità”. Galileo, anche da anziano, continua a rivedere i suoi lavori. Non si lascia spaventare dal dubbio. Lo ritiene una grande occasione che gli viene concessa per capire le cose. E, magari, per capirle meglio.

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