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La Gazzetta del Mezzogiorno – Paolini e i misteri d’Italia

I-TIGI, racconto per Ustica di Daniele Del Giudice e M. Paolini. Con Marco Paolini.

Barletta, Chiesa di S. Antonio.

Non ha niente a che fare con i Telegiornali il titolo di questo nuovo «racconto» che Marco Paolini ha presentato a Barletta nella vasta navata di una chiesa (S. Antonio): I-TIGI è il nome in sigla di quell'aereo maledetto che la sera del 28 giugno 1980 si schiantava nel mare di Ustica. Misteri d'Italia. Mistero teatrale anche, nel senso propriamente storico del termine e non tanto perché siamo in una chiesa (Paolini ha voluto infatti uno spazio non teatrale per la sua conversazione-spettacolo) quanto perché di una Passione laica e civile si tratta, celebrazione dell'antico ritrovarsi civico, in una ecclésia democratica e consapevole.

Teatro o non teatro che sia (Paolini con la sua tecnica di «narratore» che si rifà a Dario Fo e agli affabulatori settentrionali ci ha abituato alla formula fin dai tempi di Vajont) è indubbia la teatralità oggettiva del contesto, nella semplicità dei mezzi esibiti, con l'attore che «racconta» il Mistero di Ustica da una pedana, servendosi di una cartina dell'Italia, di un tavolino con telefono, con la castità della parola al servizio della virtù laica dell'indignazione.

Paolini passa in rassegna nel corso della sua lunga «relazione» dati tecnici complicati, nomenclature e sigle aeronautiche, relazioni di periti, orari, tracciati radar, registrazioni e telefonate. La pacata razionale disanima del «mistero» è percorsa, come da ottimo affabulatore Paolini sa ben fare, da vibrazioni d'ironia (con amaro buonumore talvolta), da momenti di denunzia civile e «politica», da partecipata commozione e ri-costruzione di quei momenti reali di vita: quei passeggeri morti davvero, quella sera del 1980 (tempo così remoto!) con le loro esistenze di allora, reperti della memoria collettiva catalogati anch'essi in un hangar in disuso, al pari dei frammenti di aereo, dei pezzi di metallo e di plastica ripescati dal mare di Ustica.

«Cittadini» dice spesso Paolini, rivolgendosi al pubblico attentissimo benché infreddolito sotto le chiare volte della navata e l'antico appellativo repubblicano echeggia ad accompagnare la «fredda passione» di un teatro politico che, fra Diderot e Bertolt Brecht, sa alternare tecniche di dissimulato pathos drammatico e di epico rigore storico-narrativo.

I-TIGI racconto per Ustica, i cui testi sono stati curati dallo stesso Paolini insieme a Daniele Del Giudice, nella parte finale traccia anche il quadro geo-storico-politico della situazione dell'Italia e del mondo in quel 1980, per spiegare (tentare almeno di spiegarci) le cause non tanto della sciagura di Ustica in sé, quanto di quel muro di gomma che ha caratterizzato l'inchiesta, anzi la non inchiesta, sull'evento, fra complicità, omissioni, distrazioni, dimenticanze che hanno coinvolto politici, giudici, militari, italiani, americani, ecc.

Per non dimenticare e per continuare a riflettere (teatro o non teatro che sia) un attore si fa sacerdote laico per un «mistero» di civile moralità repubblicana.

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