FERRARA. Sembra ieri Marco Paolini, alla prima apparizione a Ferrara, ospitato nella stagione dei Percorsi del Teatro alla sala di San Francesco per presentare il suo Vajont che non proponeva nulla in scena, ma solo un tavolo ed un dossier di cifre e articoli per raccontare una tragedia italiana - una delle tante - che sconfinava in scandalo, corruzione e tanti omissis. Poi arrivò la celebrità e Paolini a Ferrara è tornato imboccando la porta grande del Teatro Comunale. Ma in fondo la scena non cambiava con un pubblico cresciuto in maniera esponenziale in sala e un'altra tragedia italiana.
La tragedia era quella di Ustica, che sconfinava in altri scandali e omissis. E sempre adottando una forma di teatro risolto nella semplice presenza fisica dell'attore, impegnato a ragionare a voce alta, a disporre testimoni, a moltiplicare i dubbi. Con poco più o poco meno, Paolini è l'erede più o meno involontario di Karl Kraus che nella Vienna d'inizio secolo stregava le platee con l'arte di mettere tra virgolette le notizie riportate dai giornali dell'epoca, fra effetti di comicità e di raccapriccio, ottenuti sull'orlo dell'abisso. Con il nuovo spettacolo intitolato a Galilei, Paolini sa sorprenderci ancora una volta. Perché ad evocare la figura del grande scienzato del seicento si finisce, implacabilmente, a specchiarsi nel nostro presente. Stavolta più che lo scandalo conta il paradosso. «Viviamo in un tempo in cui la magia è tornata a governare il futuro - spiega l'attore - Sarà perché le leggi dell'economia non sono leggi matematiche e contengono una componente di caso molto rilevante, sta di fatto che il nostro mondo cerca consolazione negli astri. E mi stupisce che, 400 anni dopo la consacrazione dell'universo post-rivoluzione copernicana, tutti i giorni molti tra noi consultino le previsioni dell'oroscopo che utilizzano le stelle fisse di Tolomeo». Basta questo per innescare la spirale con cui Paolini strega la platea, dalla prima all'ultima battuta di uno spettacolo che si regge sulla semplice presenza di un uomo sul palco. «Per noi è facile irridere le teorie del passato, quando finiscono le teorie fanno sempre ridere. Il problema è che mentre ci sei dentro continui a pensare che non sia teoria, ma spiegazione della realtà». E ancor più si ammira questo Itis Galilei e per tante ragioni. Intanto fa venire voglia di rileggere il Saggiatore o il Dialogo dei Massimi Sistemi di Galilei consigliati anche da Italo Calvino. Ma poi c'è un tono affettuoso nel rammentare che l'avventura di Galileo ha preso avvio da Padova. Per non dimenticare che la poesia degli spettacoli di Paolini affonda nella terra. Terra veneta. Terra di San Marco. Serenissima. Insomma terra di pensiero non addomesticato, abituato alle libere associazioni e ai ragionamenti senza rete. Che fanno pensare, divertire. E applaudire.
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