Marco Paolini a Pavullo: «Speranza e fiducia antidoto all’ansia da futuro»

Il testo di “Antenati” affronta i temi dell’evoluzione e dell’ecologia  in chiave epico-comico legando i problemi del presente con il passato

Pavullo Il secondo appuntamento della stagione teatrale 2023/24 del Cinema Teatro Walter Mac Mazzieri di Pavullo, curata da Ater Fondazione, è con uno dei nomi più amati del teatro italiano, Marco Paolini: stasera alle 21 andrà in scena “Antenati – the grave party” scritto, diretto e interpretato dall’artista bellunese. Lo spettacolo affronta i temi dell’evoluzione e dell’ecologia in chiave epico-comica, in una narrazione in cui i fatti e i problemi del presente si legano a quelli del passato. “Antenati” è legato al progetto “La Fabbrica del Mondo” e ripercorre l’evoluzione della nostra specie attraverso l’incontro immaginato con i nonni dei nonni, con le 4.000 generazioni che ci collegano ai nostri progenitori comuni. Alla parola è affidato il compito di far vedere questa stirpe di funamboli che ci ha preceduto e da cui abbiamo ereditato difetti e virtù. L’oralità richiede immaginazione, leggerezza e ironia; l’epica chiede gesti, fatti memorabili ed emozione; il teatro richiede di credere a ciò che si ascolta sapendo che tutto è finzione e che dentro il genoma di ogni individuo ci sono tracce, informazioni in codice di tutti coloro che lo hanno preceduto. Seguendo quelle tracce si ricostruiscono i fili dei legami che permettono di organizzare una stravagante riunione di famiglia.

Spettacolo sui problemi del presente che si legano a quelli del passato. Come dialoga con il futuro?

«Si tratta di un grande racconto che nasce anche dal lavoro che sto facendo con “La fabbrica del mondo” intorno ai temi del cambiamento climatico, della crisi che la pandemia ha aperto… Però c’è anche una grande suggestione: la scienza. Raccontare quello che abbiamo scoperto sulle nostre origini, mi ha permesso di immaginare un viaggio che mi mette a contatto con i miei antenati scoprendo che ogni individuo conserva le tracce di tutti quelli che lo hanno preceduto. A partire da questo, ho fatto un salto nel fantastico immaginando una reunion con i miei antenati, confrontandomi con loro anche a partire dalle mie ansie sul futuro».

A proposito di ansie, la chiave scelta della leggerezza e dell’ironia immagino serva a sdrammatizzare il messaggio.

«L’ansia da futuro è, anche quella, una specie di pandemia, e va presa in considerazione una risposta sociale e non solo generazionale. Vuol dire che ci sono errori di percorso fatti, e così come le allergie, probabilmente anche le ansie derivano dalle condizioni in cui viviamo, da un ambiente che comunica fragilità. Questo racconto è pensato per dare forza a chi lo ascolta, per lasciarlo meno solo di quanto sia prima del suo inizio, che se vogliamo è la funzione classica del teatro».

Possiamo dire, senza banalizzare il concetto, che è uno spettacolo che infonde speranza?
«Speranza associata a fede, anche in senso laico per quanto mi riguarda, cioè investimento negli altri che si traduce nella fiducia. Fiducia nella possibilità di farsi ascoltare e che non sia inutile quello che fai, altrimenti un mestiere come il mio che senso avrebbe? Fiducia nel fatto che il teatro sia un investimento di tempo utile, necessario, quindi speranza riposta dentro uno sforzo che non ti veda passivo, alla finestra».

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