La narrazione, tra epos, lirica e dramma, è un flusso che attraversa la storia di tutti e le esistenze di ciascuno trascinando con sé, come lasciti galleggianti sul grande fiume della e delle esistenze, la memoria che costruisce identità collettive, segni di un esserci che da sempre cerca quasi disperatamente il senso della propria apparizione, qui e ora. Così si annuncia e si presenta in scena quest'ultima drammaturgia di Marco Paolini e Francesco Niccolini, un moto che va dal dentro al fuori, dal basso all'alto in una processione di intenti che sembra sacrificare, come un nascosto capro espiatorio, la propria felicità e compiutezza al capriccio di dei dal volto umano, forse anche troppo umano. Dunque dentro la processione che sale al monte/resort Olimpo, accompagnati dal calzolaio di Ulisse, ombra di un antico eroe che non vuole ricordare, la narrazione antica, di guerre e contese divine ed eroiche che sfocano man mano nell'indistinto e nell'inessenziale, accoglie i segni della modernità e li interpreta come un aruspice, li giudica e li rende man mano consapevoli, tra i tragici naufragi di un mediterraneo così diverso ma così uguale e cattivo.
È un gioco di sovrapposizioni linguistiche e sintattiche che costruisce un percorso scenico che va oltre la semplice narrazione e cerca una profondità di sguardo che talora, però, non trova rischiando di scivolare nell'occhieggiamento del consueto e, volendo rendere contemporanea la parola antica, la banalizza un pò.
Nel complesso però, al di là di queste occasionali smagliature della trama testuale, uno spettacolo interessante che restituisce, nella regia di Gabriele Vacis stratificata in sintassi contrapposte ma collaboranti di musica, coreusi e parola, le contraddizioni di un esistere che ha perso antiche fonti di senso e fatica a sostituirle.
Alla fine il calzolaio (di) Ulisse rinuncia a salire all'Olimpo e sceglie di abbandonare a sé stessi quegli dei senza spessore, classe fortunata e abbiente di un mondo diviso e squilibrato, ma ormai perduta nella propria superficialità, una classe dallo spessore culturale che non sembra andare oggi oltre il sottile schermo di uno smartphone.
Marco Paolini, il protagonista, conduce il flusso con una voce impastata e ricca, quasi a faticosamente trascinare parola e memoria insieme. Bravi gli altri interpreti, musicisti e attori con una particolare menzione per la voce straordinaria, sia tecnicamente che interpretativamente, di Saba Anglana.
Una produzione Jolefilm, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d'Europa con la collaborazione di Estate Teatrale Veronese e Teatro Stabile di Bolzano, di Marco Paolini e Francesco Niccolini.
Regia di Gabriele Vacis. Con Marco Paolini e Saba Anglana, Elisabetta Bosio, Vittorio Cerroni, Lorenzo Monguzzi, Elia Tapognani. Musiche originali di Lorenzo Monguzzi con il contributo di Saba Anglana e Fabio Barovero. Scenofonia, luminismi, stile di Roberto Tarasco. Luci di Michele Mescalchin.
Ospite del Teatro Nazionale di Genova, al teatro della Corte dal 29 Ottobre al 3 Novembre.
Alla prima (con piccolo e gradito bis musicale) un teatro tutto esaurito, come raramente capita di questi tempi, con molti giovani e insistiti applausi.
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