Peter Pan

FILM 1918, siamo - per dirla con le parole di Heidegger - «nell'epoca della notte del mondo». La Grande guerra, cuore nero della storia dell'uomo sulla terra, sta per finire. Oltrepassato lo sbarramento delle linee italiane, un soldato dell'esercito austro-ungarico di nome Peter Pan(è realmente esistito e ora è sepolto nel sacrario del monte Grappa, tra le migliaia di poveri cristi crocefissi in battaglia) vaga, confuso e stanco, nei boschi di montagna. Ogni tanto appaiono altri reduci, altri "malati di guerra" arruolati e calati nell'inferno dei trinceramenti, vera e proprio scuola di assassinio; uomini che hanno toccato il fondo dell'abisso e lì hanno scoperto che, come scrive Erich Maria Remarque in Niente di nuovo sul fronte occidentale, «più forte, più penetrante della furia delle artiglierie è il gemito umano che si spegne». Gianfilippo Pedote (produttore illuminato, che ha contribuito a rinnovare il cinema italiano) e Giliano Carli firmano un war movie esistenziale, sorprendente ed enigmatico, allegorico e misterioso, abitato da corpi eccentrici, balzani (da Peppe Servillo a Benedetta Barzini, mentre a interpretare Peter è Ondina Quadri), libero da ogni limite, indocile nella forma (dal digitale al Super 8 fino alle animazioni dipinte da Cosimo Miorelli) perché, pur nel racconto di un tempo prescritto, si sfrangiano i vincoli narrativi, e il senso stesso del racconto resta aperto all'incontro con ricordi, resti, creature di altri, lontanissimi mondi, fantasmi che possono essere tracce di un passato che ritorna ma anche epifanie di memorie future. Un film sospeso, temporalmente proteso verso un altrove che rimane nascosto fra le immagini. MATTEO MARELLI